lunedì 23 novembre 2015

Mattia Moreni - Nicola Samorì / La disciplina della carne

Museo Civico Luigi Varoli Cotignola
FAR Fabbrica Arte Rimini
4.12.2015 > 24.1.2016
Mattia Moreni – Nicola Samorì 
La disciplina della carne
A cura di Massimiliano Fabbri e Massimo Pulini
con la collaborazione di Annamaria Bernucci e Giovanni Barberini
e un testo critico di Alberto Zanchetta

Inaugurazione
Cotignola venerdì 4 dicembre 2015 ore 18.30
Rimini sabato 5 dicembre 2015 ore 18

Museo Civico Luigi Varoli [Palazzo Sforza e Casa Varoli]
corso sforza 21 e 24 cotignola ra
orario di apertura: giovedì e venerdì 15.30-18.30
sabato, domenica e festivi 10-12 / 15.30-18.30
chiuso il 25 dicembre e 1° gennaio

FAR | galleria comunale d’arte moderna e contemporanea
piazza cavour rimini
orario di apertura: 10-13 / 16-19
chiuso i lunedì non festivi
aperto il pomeriggio del 25 dicembre e del 1° gennaio

L'ingresso alle mostre è gratuito





Venerdì 4 e sabato 5 dicembre 2015 apriranno in sequenza, prima a Cotignola poi a Rimini, le due sezioni di una mostra che mette a confronto, attraverso un sorprendente e serrato dialogo tra oltre sessanta dipinti e alcune sculture, due importanti artisti italiani che hanno fatto dell'ossessione della materia uno degli snodi principali della loro ricerca e sperimentazione.

Mattia Moreni e Nicola Samorì sono artisti di diversa generazione e percorsi: ad accomunarli una pittura intesa come luogo di attrito e scontro fertile tra le ragioni romantiche del gesto e una lucida riflessione intellettuale, spietata e incessante, sui limiti e possibilità della pittura stessa, linguaggio antichissimo che i due forzano e mettono costantemente alla prova alla scoperta di nuovi modi di vedere, a far scaturire altre immagini ancora potenti e violente, capaci di scardinare e far saltare le nostre abitudini visive.
Una pittura, quella che qui si mette in scena, che non di rado sfocia e anela alla scultura, e la mostra non mancherà di far dialogare oltre ai due autori, anche questi due linguaggi.

La mostra, che si divide in due sezioni distinte e complementari, intreccia e mette in dialogo, all'interno del percorso espositivo, le opere di entrambi, alla ricerca di inattese e cortocircuitanti affinità e sintonie, contrasti evidenti e distanze siderali; che le differenze tra i due artisti sono molte e lampanti, ma non pochi e niente affatto superficiali anche i punti di contatto e convergenza che questa mostra dissemina e svela lungo il suo articolato percorso.

Il doppio, una sorta di drammatica dualità tra natura e cultura, tra immagine e sua sparizione, tra materia grondante e pelli pittoriche raffinate e sottilissime, tra razionalità, furia e assalti, potrebbe quindi essere una sorta di filo che ci guida e orienta all'interno di questo tenebroso labirinto rischiarato da luci bianche e lunari; una dualità che rappresenta anche una delle tante possibili geografie della pittura oggi, una mappa che si disegna tenendo insieme un artista nel pieno della sua battaglia, e un altro che non smette certo di rinnovare stupori e riflessioni grazie a dipinti niente affatto offuscati o scalfiti dalla patina del tempo trascorso.

La mostra è frutto della stretta collaborazione di due realtà tra le più attive sulle arti visive contemporanee all'interno del panorama romagnolo e non solo: FAR la fabbrica delle arti di Rimini che tra i molti progetti e mostre presentate, e di cui è impossibile tener conto in poche righe, si distingue per la Biennale del Disegno, indagine necessaria e attesa che si è ritagliata uno spazio di osservazione privilegiato su quello che è uno dei linguaggi e pratiche più vitali del contemporaneo; l'altro luogo è il Museo Civico Luigi Varoli di Cotignola in provincia di Ravenna, da cui ha preso forma il progetto Selvatico, rete tra luoghi, persone e cose, tra artisti e collezioni museali: Selvatico è una mappa che ha coinvolto in questi anni un numero considerevole di autori, di varia provenienza, ambiti e discipline, in ramificati percorsi espositivi che sempre si intrecciano e dialogano con gli spazi espositivi e i luoghi, alla ricerca di connessioni tra opere, storie e memorie presenti, portando spesso gli artisti a lavorare in modalità anomale, anche in veste di curatori, alla ricerca di altri e nuovi punti di vista. Questa esposizione è anche perciò una sorta di spora o prolungamento di Selvatico, un approfondimento su due artisti che hanno più di un punto di contatto con Cotignola.

La scelta dei due luoghi che accolgono la mostra, oltre a rivelare perciò le forti sintonie e affinità elettive con le scelte progettuali di entrambi gli spazi espositivi, permette di costruire due sezioni molto differenti e capaci di incastrarsi perfettamente tra loro: nelle stanze di Palazzo Sforza e Casa Varoli gli autoritratti di Moreni, le sue Marilù che dialogano con i piccoli volti scorticati di Samorì, infine una stanza dei disegni dove la similitudine di segno tra i due, è impressionante; a Rimini poi, negli ampi spazi e sale della FAR una selezione di importanti quadri di grandi dimensioni, tra cui alcune teste teste monumentali di Samorì e suoi teatrini dipinti e fantasmi di santi dalla pittura antica, insieme alle angurie, i cartelli e le baracche per Moreni...

La mostra, corredata da un importante catalogo in cui figurano quasi tutte le opere esposte e una campagna fotografica di Daniele Casadio negli studi dei due artisti, è la storia di un incontro felice, quello tra due artisti non poi così distanti, e destinati a intrecciare per un momento i loro percorsi, anche a partire dalla tesi di laurea che Samorì scrisse proprio sugli ultimi dipinti di Moreni; e, infine, l'auspicato incontro tra Rimini e Cotignola che ha permesso di pensare e realizzare questa mostra disobbediente e militante.






Estratto dai testi in catalogo dei curatori della mostra 
Massimiliano Fabbri e Massimo Pulini

La mostra mette in scena un corpo a corpo tra due autori che della fascinazione e ossessione per la materia hanno fatto, non solo un centro e snodo vitale della loro ricerca, ma anche un punto di partenza e approdo per una continua riflessione sulle possibilità e limiti della pittura stessa, così come, parallelamente, sulla drammaticità della rappresentazione e sul rapporto amoroso e conflittuale con le immagini.
Un dialogo che mette in luce affinità e divergenze, contrasti nettissimi e sintonie profonde tra due artisti che, pur non essendosi mai incontrati, ci sono sembrati in molti modi e molteplici forme destinati a intrecciare per un momento i loro percorsi, a partire anche dalla tesi di Nicola Samorì su Mattia Moreni discussa all’Accademia di Belle Arti di Bologna nel 2003, antefatto che può essere considerato come il primo riconoscimento di somiglianza e tentativo di avvicinamento da parte dell’artista più giovane.
Tra le ragioni della mostra è opportuno tenere conto di questa duplicità messa in atto dal progetto, una duplicità di sguardo prima di tutto, quello dei due autori, ma anche, in seconda battuta, una duplicità di luoghi, luoghi e persone che hanno pensato e coltivato l’idea di questo disubbidiente incontro: Cotignola e Rimini, insieme, a creare un percorso espositivo che si ramifica e sdoppia in due sedi e sezioni distinte, decisamente differenti tra loro, eppure capaci di restituire e chiudersi in un’organica unicità che abbraccia più compiutamente la complessità dei due artisti e la stratificazione di materie e significati presenti nelle loro opere.
Museo Varoli e FAR che in questa occasione si congiungono a tracciare una possibile mappa sulla pittura oggi e su due autori, infine, non poi così distanti. E che, in questa carne e pasta pittorica sensuale, e nella disciplina del gesto e tecnica che prova ad addomesticare la belva, trovano più di un punto di contatto e sintesi, di convergenza intellettuale prima ancora che epidermica.
La mostra affianca a Mattia Moreni un artista vivente, coinvolgendo Nicola Samorì anche come una sorta di co-curatore e compagno di strada con cui si sono condivise ricerche, snodi progettuali e orientamenti, con l’intento di restituire un Moreni forse meno visto e conosciuto, a partire soprattutto dalla scelta delle opere in mostra, frutto di una selezione decisamente partigiana e arbitraria, e di modi di vedere che, man mano che si affinavano e addentravano nel trasgressivo e affascinante labirinto moreniano, hanno finito per tralasciare alcune cose a favore di altri periodi e fasi che, oltre a continuare ad ammaliare e rapire, si prestavano meglio alla narrazione che si andava tessendo, alla ricerca di incastri, risonanze ed echi con i fantasmi e i roghi di Samorì.

MF


Sin dal titolo, la mostra, parla di Disciplina della carne, anche se aggiungerei il termine dissipazione all’ossimoro che ne deriva, per meglio chiarire l’antinomia che sta tra rigore e sprezzatura, tra la fisicità e la speculazione estetica. (...)
Mattia era dunque lui stesso carne ferita, era un corpo impetuoso e sfrontato. Volendo, lo si può ancora immaginare nudo, cosparso di peli e baffi di setola, mentre dipinge angurie sguaiate. Guardando quei quadri umidi e adiposi di colore, sensuali e irridenti, sembra evidente che, da lui, la pittura fosse intesa come perenne e ossessiva pratica erotica. La materia cromatica condivideva le vischiosità e gli abissi del sesso femminile, le morbidezze e i sudori dell’amplesso. (...)
La figura fisica di Nicola Samorì e lo spirito gentile che lo contraddistingue, non potrebbero essere più distanti dalla visione dionisiaca e rupestre, satiresca e luciferina, che mi sono fatto di Moreni. Nicola è chirurgico e filosofico, minuto e insospettabile. Tuttavia si potrebbe rivelare, agli occhi di qualcuno, un serial killer dell’arte, un maniacale orafo della ferocia. Per lui la pittura ha sette strati di pelle, come la nostra carne, come i nostri pensieri e un grado d’imbalsamazione traspare da quel cristallino processo esecutivo. I suoi dipinti, irrorati di memoria e di bellezza, sempre raffinati e mai grevi, giocano sull’equivoco autolesionistico dell’artista. (...)
È in questo epicentro carnale che trovano incontro, a qualche decennio e a qualche generazione di distanza, due artisti come Mattia Moreni e Nicola Samorì che, attraverso l’apparente dissipazione del talento e la disciplina della pittura, hanno saputo fecondare la medesima terra.

MP

a questo link potete scaricare il catalogo della mostra in pdf
http://issuu.com/marilenabenini/docs/2015_catalogo_della_mostra_la_disci/1 


La sezione di Cotignola allestita al
Museo Civico Luigi Varoli 
(Palazzo Sforza e Casa Varoli)


palazzo sforza






















 














 





casa varoli









La sezione di Rimini allestita alla FAR
Fabbrica delle Arti Rimini